Ultima modifica il 28 Settembre 2017 da
L’Italia è il paese del buon cibo, della storia millennaria, del vino, e ahimè delle tasse e della burocrazia. Tutto infatti fa pensare che lo stato italiano non abbia poi tutto questo interesse a far crescere una sana e forte componente imprenditoriale nel paese.
Anzi, sembrerebbe il contrario. Storicamente il tessuto sociale italiano era composto da una miriade di piccole e medie imprese che ci invidiavano in tutto il mondo. Vuoi la crisi, vuoi la globalizzazione, vuoi l’invidia e la concorrenza degli altri paesi europei, fatto sta che questo modello di sviluppo è ormai in crisi strutturale. Quello che prima si produceva in Veneto, oggi viene importato dalla Cina o dal Bangladesh, fa male vederlo, ma bisogna accettarlo per andare avanti ed evolversi.
In questo triste panorama, c’è un settore che nonostante la concorrenza sleale, la crisi e le tasse è riuscito a reggere il colpo e mantenersi vitale: mi riferisco al settore agricolo.
Se il cliente italiano accetta una camicia e un pantalone cuciti in India, lo stesso non si può dire per il cibo che mette sulla propria tavola.
Certo, i pomodori cinesi si nascondono dentro le bottiglie di conserva e le nocciole ucraine nelle cioccolate da spalmare, ma la domanda per le eccellenze italiane rimane alta e in costante crescita.
Chi è l’imprenditore agricolo italiano
Da una parte troviamo la grande industria alimentare che riempie i scaffali dei supermercati di tutto il mondo, dall’altra una rete di micro aziende agricole che della qualità e della tracciabilità hanno fatto i loro punti di forza.
Ed ecco allora nascere il miele invecchiato, lo zafferano di alta montagna, il prosciutto allevato all’aria aperta, la mozzarella campana e molto altro ancora. Una varietà di prodotti che non possono essere copiati. Ed è proprio qui che dobbiamo ripartire come paese e come popolo, dalle nostre eccellenze che nessuno potrà mai toglierci. Certo, la commissione europea, conosciuta anche come commissione tedesca, vuole obbligarci ad usare ogm, pesticidi e latte in polvere così da livellare la qualità dei nostri prodotti con i loro, ma nonostante i loro sforzi non ce la faranno mai a toglierci il Brunello di Montalcino e l’olio pugliese.
Ovviamente non tutti potranno permettersi di produrre Brunello, ma è quello il modello da seguire, c’è ancora spazio commerciale perché il mondo è grande.
Ed è con questa convinzione che ho creato Aprire Azienda, il blog che parla di come aprire un’azienda agricola di successo.
Dopo la recente riforma sul settore agricolo, si sono aperte numerose opportunità imprenditoriali legate all’agricoltura. Il motivo è l’apertura del settore alle attività connesse alla produzione primaria.
Devi sapere infatti che in Italia la figura dell’imprenditore agricolo beneficia di diversi vantaggi fiscali e burocratici, ma la vera novità è l’apertura del settore a tutte le attività connesse alla produzione.
Se in passato per beneficiare delle agevolazioni l’imprenditore agricolo doveva esclusivamente coltivare la terra o allevare animali, oggi può aprirsi a nuovi mercati come la trasformazione dei prodotti e l’accoglienza turistica.
L’articolo 2135 del Codice Civile, aggiornato dall’art. 1 del Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 228, definisce “imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali ed attività connesse”. Tale definizione vale sia per le persone fisiche che per le persone giuridiche (società di persone, società di capitali, società cooperative).
Per la legge italiana per “attività agricole” si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Ma è l’aggiunta delle attività connesse che ha modernizzato il settore agricolo.
Sono considerate “attività connesse” la manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti derivanti dalla produzione agricola.
A questo si aggiunge anche il settore turistico come gli agriturismi e la produzione di energia elettrica.
E’ chiaro come questa modifica di legge abbia favorito le aziende agricole che ora non sono più costrette a sottomettersi alla logica della grande distribuzione e lottare per i centesimi, ma piuttosto aprirsi ai nuovi mercati puntando sull’eccellenza e soprattutto alla vendita diretta con il cliente finale, strategia che vede ovviamente i margini di profitto lievitare in senso positivo.
Ed è proprio questo il settore agricolo che l’Italia ha bisogno, le multinazionali del sapore inesistente lasciamola pure ai nostri amici del nord.
Alessandro Nicoletti di Aprire Azienda